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Adelante Vigor, sei in finale

Giovedì 14 giugno 2012

 Hanno attraversato l'Italia per tornare a Roma. E sabato 23 sono pronti a scrivere la storia !!!

 

Sono partiti da Roma con un sogno. Essere i primi nella storia del proprio club ad arrivare in finale. Sono tornati. Ce l'hanno fatta. Sospinti dalla salsedine che spirava forte riempiendo lo stadio "Miramare", un gioiellino da serie C incastonato a 20 metri dalla battigia, i ragazzi di Bellinati hanno sciorinato una gara perfetta. Hanno vinto contro un avversario che sembrava temibile, forse anche troppo, e soprattutto hanno vinto anche contro paure e spettri. Al "Novitel hotel" a mezzogiorno la tensione si tagliava con il coltello. Sia tra dirigenti che tra i ragazzi. Lo stesso Bellinati aveva strane sensazioni ed anche se nessuno voleva dirlo, la paura di veder sfumare il lavoro di dieci mesi stringeva alle gambe. Qualche battuta, sguardi sfuggenti, un'occhiata al tatuaggio di "stampella" Santori (faccia in versione xxl di Totti sul polpaccio ancora rosso dal fresco passaggio dell'ago) e poco altro. Tutti immersi nelle cuffie del mondo Apple, un must, a cercare concentrazione sperando di stoppare per pochi minuti il flusso dei pensieri. Nulla da fare, tensione wins a mò di videogioco. La stessa tensione che ha raggiunto il suo zenit quando Bellinati si è chiuso in maniera ermetica nella sala "Gargano" alle 15 per dare la formazione. Poche sorprese, facce tirate, un solo pensiero. Lo stesso per tutti. Lo stesso che ha scandito i pochi chilometri fatti in pullman per arrivare allo stadio. Qualcuno come Cardella, Di Bari e Palmieri esorcizza la tensione commentando il talento artistico di Shakira, ma è quasi maciscmo di facciata. Dentro gli scarpini e nel petto non c'è spazio neanche per quello in quel preciso momento. L'ingresso del pulman, che si contorne quasi digrinando il motore, per entrare nel budello che delimita lo stadio è salutato dagli applausi dei genitori-supporters. Fuori il caldo appiccica la tensione allo stemma blugrana, lo stadio sembra immenso. Un monolite di cemento e legno che sembra quasi portato da una divinità dispettosa a due passi dal mare. Fuori, tutto intorno, Manfredonia si snoda sonnolenta a ridosso del terreno di gioco con il pubblico che entra alla spicciolata. Un fiume costante ma bonario che alla vigilia sembrava invece doversi gonfiare fino all'esondazione. A ben guardare invece è il pubblico di una città importante, abituata a ben altre serie, ma è un mosaico composto da gente pacata: famiglie , bambini, molti anziani desiderosi di passare la giornata e vedere buon calcio. Nell'aria mentre suona l'inno ufficiale Nicolini e compagni annusano mare e concentrazione. Tutto in dosi massicce. Il fischio d'apertura del signor di Padova ed un battito d'ali di un gabbiano apre finalmente le ostilità e chiude i pensieri. I ragazzi in maglia blugrana mettono da parte il mondo e circoscrivano il proprio orizzonte a quei pochi centimetri davanti agli occhi ed a quella porta verso il mare che potrebbe aprire, quasi come un tunnel spazio-temporale, orizzonti di gloria più azzurri anche del mare limitrofo. I primi 15 minuti sono di sofferenza. In panchina si suda più che in campo. Gonini è di sale, Trobiani con aplombe britannico è dritto e cerca di dare indicazioni, Sara Riccio e Raffaele Trichera guardano e sperano. Al sole, dalla parte opposta Francesco Bellinati chiede un extra alle sue corde vocali. Squalificato nel turno precedente ha ritrovato la carica del leone e una gabbia di venti metri di linea d'aria non può certo fermarlo. Al 26' quando il Manfredonia prova a colpire lo sentono anche dalla parrocchia del paese. La sofferenza al sole si triplica. Ma vale anche per la gioia. Cinque minuti dopo la Vigor inizia a costruire il suo capolavoro, Piccone tira fuori dal cilindro uno scarpino di velluto e la parabola che finisce in rete è un'autostrada che porta a Casal Del Marmo. Il Miramare ghiaccia di colpo, Bellinati si trasforma in Karl Lewis e qualcuno sposa un nuovo culto benedicendo anche in sanscrito il numero nove. 
Il Manfredonia accusa, sbanda, e si disfa come  se qualcuno le tirasse il filo volante. Al 43' la triplice allenza (Campanella, Piccone , Di Bari) fa zittire anche la curva indomabile. Il colpo di testa di Francesco Di Bari è tanto preciso quanto al rallenty, il fiato si ferma quel tanto che basta per aprire il polmoni ed esultare. Due a zero: non c'è storia. Si torna negli spogliatoi e si scopre il sole. Non che prima non ci fosse, sia chiaro, ma prima non era importante, la mente era tutta sulla linea d'orizzonte del campo. La ripresa si gioca con il fiato e con l'intelligenza cercando di non farsi ammonire ed anche di non provocare un avversario alle corde ma capace comunque del colpo mancino alle ginocchia. All'undicesimo Campanella decide di calare il tris con una giocata d'autore su cui Del Piero potrebbe chiedere il copyright e ogni briciolo di tensione si scioglie tra sorrisi, dediche ed abbracci. Al triplice fischio il verdetto è ratificato; la Vigor va in finale ed i complimenti degli avversari negli spogliatoi, insieme al gelato offerto dal club pugliese, rendono ancora più dolce la vittoria. Dal campo si esce uomini, fieri di essere arrivati lì dove nessuno nella storia della Vigor era mai arrivato, sul pulman si torna ragazzi ed iniziano i cori e gli sfottò goliardici verso ragazze, sorelle e amenità varie. Ora bisogna diventare campioni. 
Adelente Vigor, sei in finale.

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Totale commenti: 1
  • 1 enzopiemontese 14/06/2012 11:38:10 da giovane componente della dirigenza del manfredonia calcio, rivolgo i più vivi e sentiti complimenti e spero e ne sono convinto che riusciate a vincere il titolo di Campioni d'Italia ..... ringrazio la dirigenza della vigor perconti e il Presidente per l'eccezionale accoglienza riservataci nella gara di andata.... spero e sono convinto che l'ottimo rapporto di lealtà, sportività e amicizia, continuerà anche in futuro..... complimenti alla presidenza, ai dirigenti, ai calciatori e quanti lavorano dietro le quinte..... complimenti davvero di cuore.... vincenzo
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